SUA MAESTà LA FIORENTINA!

Una doverosa precisazione: se per gli italiani la ” Fiorentina ” è il club che gioca all’ Artemio Franchi, per i fiorentini , la squadra è la viola e la fiorentina uno dei massimi godimenti carnivori.

La cosiddetta bistecca con le sue precise regole di cottura e taglio è un mito e una leggenda.

Anche in Versilia, in Maremma, nel senese compare in numerose varianti ma rimaniamo fedeli all’ originale!

Più che la razza di provenienza è il taglio a fare la differenza e i macellai questo lo sanno; se gli chiedete di tenervi da parte un diaframma di manzo intero e si dovessero rifiutare di farlo cambiate fornitore!

Tema affascinante, quanto pericoloso, a partire dalla definizione ( quasi) ufficiale: una bistecca di bovino adulto toscano, tagliata, alta minimo quattro dita e cotta al sangue.

Già questo potrebbe bastare ed essere significativo ma possono subentrare varianti che potrebbero fare la differenza!

Indispensabile sottolineare che la lombata deve essere assolutamente quella posteriore dove l’ osso a forma di T è chiamato a separare il filetto e il controfiletto, perché da quella anteriore si ricavano solo le classiche costate.

E’ la migliore sezione per la cottura alla griglia o al barbacue.

Per il peso è obbligo rimanere fra un chilo e un chilo e mezzo.

Occorre attendere che la superficie di cottura sia calda, in quel preciso istante adagiare la carne per cinque minuti e altri cinque ancora, una volta rigirata.

E’ auspicabile il riposo per alcuni minuti, poi ramerino, olio evo, sale, pepe e servire; per ottenere questo miracolo del gusto occorre che la carne sia frollata , una frollatura lunga, con l’ osso altezza un paio di centimetri, il tutto annaffiato da uno splendido bicchiere di rosso intramontabile.

I fiorentini, quelli della vera città gigliata , quelli dentro le mura , per dirla in dialetto, non accettano sconti ne tantomeno imitazioni.

Il coltello giusto?

Dimenticare immediatamente quello a seghetto; occorre uno a lama liscia che possa fendere e scivolare nella carne come se fosse burro.

Il nome ” bistecca ” sembrerebbe derivare dall’ inglese.

Le cronache fiorentine parlano di messaggeri economici di Elisabetta I, che avevano il compito di racimolare capitali in monete d’oro per armare la flotta; si dice che una volta riusciti nell’ impresa, si unirono ai festeggiamenti popolari per la notte di San Lorenzo.

Mangiavano e ” trincavano” e una volta tagliata a fette la carne con l’ osso , facendosi largo tra la folla con i piatti protesi invocarono ” Beef-steak, please!”

Da qui la traduzione di bistecca a opera dei fiorentini che hanno l’ abitudine di italianizzare le parole straniere raddoppiando le consonanti finali e aggiungendo una vocale a chiusura: ” barre” per “bar”.

Se la bistecca piace a tutti i carnivori, in Toscana è perenne fonte di orgoglio, discussione e polemica.

I più bravi macellai sono dei veri e propri personaggi e le loro botteghe, spesso, hanno secoli di storia alle spalle; un nome per tutti Dario Cecchini di Panzano in Chianti, colui in grado di recitare brani interi della Divina Commedia ai suoi clienti, autore del “Funerale della Bistecca”, goliardata nel suo paesino, in pieno stile fiorentino in occasione della messa al bando della fiorentina nell’ aprile del 2001.

La sua ricetta: “… non fredda di frigorifero e guai a mettere olio e sale prima della cottura sennò finirete come il Conte Ugolino!”

Se andate agli Uffizi, cercate La Dispensa, opera di Jacopo Chimenti, detto l’Empoli: c’è raffigurata in modo perfetto la nostra Bistecca.

Francesca Valleri