TI LASCIO!

Era il primo dicembre del millenovecentosettanta.

I giornali italiani di allora titolavano: ” L’ Italia è un paese moderno, ha vinto la libertà”.

Era il giorno in cui, nonostante l’ opposizione della Chiesa e della Democrazia Cristiana, veniva introdotta la Legge sul Divorzio.

Un evento epocale e mastodontico in un paese nel quale si ospitava e si ospita il Papa.

La Legge 898 consentiva ai coniugi di dirsi ” addio” per decisione reciproca, su richiesta di uno dei due e in casi particolari, come una condanna penale oppure per reati gravi.

Prima di allora, gli sposi che non andavano d’ accordo dovevano fare buon viso a cattivo gioco e resistere cristianamente.

Con l’ indissolubilità sancita dal cattolicesimo, i mariti che volevano “sostituire ” la moglie, dovettero inventarsi stratagemmi più o meno fantasiosi; un gioco che riusciva bene soprattutto fra le fasce sociali più elevate e ancora meglio ai sovrani che ci mettevano un niente a considerare improvvisamente ” agè ” la consorte al cospetto di nuove ancelle.

La malcapitata di turno nei migliori dei casi veniva ripudiata o rinchiusa in convento ; nei peggiori giustiziata.

Nerone, le studiò proprio tutte per liberarsi della consorte Poppea.

In ultimo, temendo una sommossa da parte del popolo schierato al fianco dell’ Imperatrice, si accordò con il liberato Aniceto affinchè si inventasse di essere l’ amante , confessandolo in pubblico processo.

La malcapitata fu esiliata da innocente nell’ isola di Pandataria, torturata e decapitata nel 62 a.C. .

Nel 1524, Enrico VIII pur di abbandonare la consorte proclamò lo scisma anglicano; un impatto enorme a livello politico, sociale e religioso in tutto il mondo cristiano già in fermento per la riforma luterana.

Il vincolo matrimoniale imposto dalla Chiesa non si è mai rilevato un grande affare per le donne, specie se di nobile o reale lignaggio.

L’ unica possibile scappatoia era ricorrere alla Sacra Rota ( a pagamento) , istituto creato con bolla papale attraverso il quale , il tribunale aveva la facoltà e la possiede ancora oggi, di redigere una dichiarazione di nullità del sacramento del matrimonio al ricorrere di precise circostanze.

Non si parla di rottura di un’ unione valida ma del riconoscimento della nullità del vincolo che se invece fosse ” corretto e giusto” non potrebbe essere sciolto in nessun modo.

Una breve parentesi la si ebbe con il Codice napoleonico, che, sull’ onda della rivoluzione francese, consentiva di sciogliere il legame qualora i coniugi avessero avuto il consenso favorevole da parte dei genitori e dei nonni.

Nel 1929 ci pensò Mussolini a ” tranquilizzare” la Chiesa con i Patti Lateranensi : ” In qualsiasi disposizione concernente il vincolo matrimoniale, lo stato si impegna a mantenere illeso il principio dell’ indissolubilità”.

Se a ricorrere ad espedienti poco leciti per liberarsi del coniuge sono stati spesso i mariti, le mogli hanno potuto contare su una formidabile alleata di nome Giulia Tofana; bellissima donna che per mantenere se stessa e la figlia decise di mettere in commercio il veleno utilizzato dalla zia per uccidere il consorte.

Un micidiale cocktail di piombo, belladonna e arsenico.

La ” killer” dei mariti una volta arrestata, sotto tortura, confessò di aver causato la morte a circa seicento uomini.

Francesca Valleri