Salgado, classe ‘44, brasiliano, con formazione e studi da economista. In seguito a un reportage sulle conseguenze devastanti della siccità in Africa, decide di “diventare“ fotografo all’età di 33 anni.

America Latina Salgado

Salgado si occupa soprattutto di reportage di impianto umanitario e sociale, dedicando interi anni a sviluppare tematiche importanti. Diritti dei lavoratori, povertà, siccità e gli effetti distruttivi dell’economia di mercato nei paesi in via di sviluppo. Lunghi viaggi che lo hanno portato in America Latina o in Brasile, a sostegno della campagna Survival International per salvare la tribù più minacciata al mondo, gli Awà.

È il fotografo del bianco e nero. Mai usato il colore; a coloro che gli domandano il perché lui risponde così: “per me il bianco e il nero sono un’astrazione, sono un mezzo di concentrazione, permettono di non distogliere lo sguardo  dal vero oggetto del mio interesse“. Il colore con le sue tonalità, più o meno intense, è una forma di distrazione per l’occhio di colui che guarda. Il neutro, invece, ha la focalizzazione del necessario. Durante la stampa Salgado adotta anche particolari sbiancanti per attenuare e ridurre le ombre più intense.

In tempi come i nostri, dove ognuno di noi possiede una macchina fotografica all’interno del telefonino, Salgado fa una netta distinzione fra “linguaggio“ e “memoria”. Afferma che la tecnologia serve per trasformare l’immagine in linguaggio mentre lo scatto vero e proprio è la memoria, descrivendo così anche il ruolo del fotografo.

memoria Salgado

Un pò come hanno fatto i nostri genitori quando ci scattavano una foto da bambini e la mettevano dentro un album, che anni dopo veniva sfogliato. Quella fotografia sarà sicuramente scolorita e spiegazzata, ma ci sarà anche dopo la morte dei nostri genitori. Ecco, questo è lo scatto, la fotografia. Salvare la memoria, l’istante, scegliere fra i tanti negativi lo scatto “perfetto“ e stamparlo, prendendo proprio quel momento come punto di riferimento. Questi sono i veri fotografi.

Salgado è affascinato dall’essere umano e dalla sua personalità e dignità. Per lui esistono due mondi, uno contaminato e in contatto costante con la “modernità“, l’altro all’oscuro. La sua attenzione è totalmente rivolta sul secondo e la fotografia è il mezzo migliore per documentare, perché immediata, e possiede un linguaggio universale, non necessita di uno scritto o di una traduzione.

“Genesi” è l’ultimo lavoro di Sebastiao Salgado, iniziato nel 2003 e terminato dieci anni dopo. Si tratta di oltre duecento immagini mozzafiato in bianco e nero, che raccontano la bellezza del nostro pianeta e un monito per gli uomini.

Genesi di Salgado

Un vero e proprio viaggio che attraversa le foreste tropicali dell’Amazzonia, del Congo, Indonesia, i ghiacciai dell’Antartide, i deserti dell’America, fino ad arrivare alle montagne del Cile e della Siberia. Un viaggio ai confini del mondo con lo sguardo e l’attenzione puntato sulla necessità di salvaguardare la madre terra ed assumere comportamenti più rispettosi nei suoi confronti.

A chi gli chiede se lui sia un’artista risponde: ”no, sono un fotografo“.