Tanti designer, tante idee, infinite interpretazioni della realtà e della bellezza in tutte le sue forme. Oggi più che mai si da per scontato che le macchine facciano la maggior parte del lavoro. Che i vari programmi di grafica possano equiparare l’intuizione umana, dimenticando il punto focale di tutto: l’idea. L’idea innata, come un fulmine a ciel sereno, o coltivata, che germoglia nell’intuito del pensatore-designer e che regala angolazioni e prospettive diverse del mondo.

La realtà, la sensibilità e il contesto dove queste menti vivono o hanno vissuto, gioca un ruolo pesante sull’approccio della loro visione, sul loro sentire e vedere. Ne è un esempio il caso del più importante designer nipponico del XX secolo: Shiro Kuramata. Famoso per aver “pensato” mobili leggeri, è il designer della fluttuazione. Colui che ha definito l’immateriale, privilegiando la forma prima della funzione; creazioni così armoniche da farle vivere anche senza un preciso scopo.

È durante gli anni settanta-ottanta che esplode la sua passione e la conseguente ricerca di nuovi materiali industriali quali l’alluminio, il vetro o l’acciaio. Da così alla luce la Glass Chair, una nuova interpretazione della poltrona. Ridotta all’essenziale, apparentemente semplice e minimalista, è in realtà un concentrato di arte e design, un esempio di “sfida” della forza di gravità!

Glass Chair di Shiro Kuramata

Il risultato: l’essenza dell’essenziale!

Kuramata possiede lo stile della sottrazione, puntando tutto sul concetto di spazio, geometrie e “luce”, come la lampada Oba-Q.

lampada Oba-Q

Lo stesso Gio Ponti fu incuriosito dal lavoro di Shiro e dal suo mondo-visione; “… nuovo, un mondo che assomigliava al Giappone di quel periodo, in continua trasformazione e movimento, con le sue città urbane senza fine …”. I suoi progetti nascono proprio da questa visione, dalla continua e perpetua mutazione; la rappresentazione di una natura transitoria e di una continua evoluzione. Tale “profumo” contagia anche Ettore Sottsass, che partecipa in svariati progetti durante gli anni ottanta.

La grande firma Cappellini ingaggiò Kuramata come punta di diamante con l’incarico di progettista per una serie di capolavori. Fra tutte le sue opere come non citare quella definita dai più, la più importante; una seduta. Presente in poco più di dieci pezzi è realizzata in materiale plastico ancora fuso con tecnica manuale, all’interno del quale sono state inserite delle rose artificiali.

seduta di materiale plastico e rose di Kuramata

Morto prematuramente agli inizi degli anni novanta, Kuramata ha contribuito a rendere “visibile” e “materiale” la parola sperimentazione. Con il senso della luce, la potenza visiva dei materiali, metafora di una società contemporanea dalla forma illusoria, ha anticipato forse la nostra nuova natura-epoca digitale.